Il 16 aprile 2005 Repubblica descrive la lenta trasformazione del Pigneto con il seguente articolo, intitolato “Pigneto, aria di village”.
Appuntava Pasolini, durante le riprese di “Accattone”, in una calda estate del 1951: “Via Fanfulla da Lodi, in mezzo al Pigneto, con le casupole basse, i muretti screpolati, era di una grandiosa granulosità, nella sua estrema piccolezza: una povera, umile, sconosciuta stradetta, perduta sotto il sole, in una Roma che non era Roma”. Sono passati oltre cinquant’ anni, e la “grandiosa granulosità” del Pigneto è rimasta intatta, anche se il bianco e nero sgranato che raccontava una periferia trasfigurata dal sole non si addice più al quartiere. Sono i colori a raccontare per primi le trasformazioni: i muri screpolati di Pasolini hanno lasciato il posto ai colori delle ristrutturazioni di quelle che rimangono sempre “casupole basse”, ma ora sono un vanto per chi le possiede (anche per i prezzi), abbellite da terrazzi in fiore. La vocazione multiculturale del Pigneto risulta evidente al primo sguardo: lungo la strada pedonale e nelle laterali è tutto un fiorire di negozi del commercio equo solidale, centri di benessere cinesi, doner kebab misti a pizzerie, etichette di musica indipendente, parrucchieri che non si accontentano di tagliare i capelli, librerie dove il tempo diventa un accessorio della conoscenza. Chi abita qui ama definire il Pigneto come il “Greenwich Village” capitolino, per il suo fermentare continuo di idee e costumi che lo rende davvero unico.
Accadde al Pigneto il 16 aprile
Giorno per giorno, tutti gli avvenimenti della storia legati al Pigneto